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LA STORIA SIAMO NOI: clinica, leadership e Squadra

Davide Letizia ed io ci conosciamo dai tempi dell’Università, quando ci siamo incontrati e abbiamo iniziato a camminare insieme nella professione. Da allora non ci siamo più lasciati e accanto all’attività clinica quotidiana, fatta di procedure e tecnicismi, abbiamo sempre cercato di coltivarne l’aspetto culturale, aggiornandoci con costanza e dedizione.

Parliamo di un periodo lungo più di vent’anni ormai, se consideriamo gli anni trascorsi all’Università. 

Durante questo cammino, non essendo figli d’arte, abbiamo dovuto necessariamente fare i conti con delle dinamiche professionali non strettamente pertinenti all’operatività clinica, ma ad essa collaterali. 

Insomma, il microcosmo dello studio odontoiatrico era per noi un universo del tutto nuovo e completamente da esplorare.

A cosa ci riferiamo?

Per esempio alla selezione di personale idoneo all’attività medica e alla sua corretta formazione. 

Alla formulazione di processi operativi chiari che potessero facilitare la comunicazione interna e aumentare l’efficienza e la sicurezza delle nostre procedure.

Alla gestione delle risorse umane, che significa ricavarsi all’interno della routine ordinaria idonei spazi di confronto e condivisione, dove le gerarchie sono meno nette e rigide, lasciando alle persone la libertà di esprimersi. 

Questo inevitabilmente implica da parte nostra capacità di ascolto e comprensione, disponibilità al confronto e all’accoglienza, propensione al cambiamento e alla risoluzione dei conflitti.

Abbiamo poi imparato che questo approccio era già stato ampiamente sperimentato dal miglior management americano. Abbiamo quindi cercato di approfondirlo e di integrarlo con esempi nostrani di lucente grandezza e lungimiranza (leggasi Adriano Olivetti), adattandolo alla nostra piccola realtà, in obbedienza alla golden rule: adapt not adopt.

Ci siamo anche sentiti un po’ più ‘fighi’ nello scoprire che queste riunioni avevano un nome amerikano: si chiamano brainstorming e rivestono un ruolo f o n d a m e n t a l e all’interno di una corretta strategia di formazione (costruzione della Squarda), purché esercitate attraverso una leadership autorevole, perché coerente ed empatica.

IL NOSTRO MARKETING: immagine, reputazione, brand.

Un altro aspetto che ci ha impegnato è stato quello del marketing. 

In un mercato saturo di dentisteria, avevamo infatti bisogno di fare sapere al mondo che c’eravamo, che eravamo pronti, che eravamo bravi… molto bravi! E soprattutto che eravamo nuovi.

Perché nuovi?

Perché abbiamo da subito rifiutato l’idea di adottare i canonici, per non dire tristi, mezzi di “pubblicità”, conosciuti fino a quel momento. Mi riferisco ai classici biglietti da visita rettangolari, stampati alla bell’e meglio dalle macchinette che si trovano in stazione o ai depliant preformati con lo spazio bianco per il timbro dello studio (INGUARDABILI).

Con l’aiuto di un grafico geniale, abbiamo realizzato un logo nostro da riportare sulle divise e su ogni corredo dell’attività: biglietti da visita quadrati, seguendo un design accattivante poi diventato diffuso. 

E ancora cartelline eleganti dove i pazienti avrebbero potuto conservare i documenti, newsletter e brochure informative, t-shirt, felpe, borse per le trasferte in collaborazione, carta dei servizi dello studio, carta e buste intestate, penne.

Insomma abbiamo cercato di essere da subito riconoscibili: i pazienti entrando avrebbero dovuto trovare un ambiente caldo, pulito, ordinato, profumato, riviste nuove ed assortite (housekeeping), ma soprattutto un personale cortese, sorridente, preparato, disponibile. 

La nostra immagine interna doveva essere curata in maniera MM: morbosa e maniacale (cit. Agide Bellettini alias Anonimo Romagnolo). 

Tutto doveva trasmettere la sensazione improvvisa e fulminea di una smaltata eccellenza. Tutto doveva rimandare immediatamente all’idea di efficienza e affidabilità.

Insomma, il nostro stile gradualmente avrebbe dovuto acquisire le caratteristiche di un vero e proprio brand ABB di indiscutibile qualità e serietà professionale.

Un altro aspetto critico che ci siamo trovati ad affrontare è il marketing esterno. Critico perché dovevamo trovare soluzioni snelle, comprensibili, delicate, accattivanti, ma soprattutto originali, nel pieno rispetto dei canoni di dignità, decoro e deontologia professionale.

Dovevamo insomma differenziarci, anche da un punto di vista estetico, dalla massa anonima e spesso talmente spregiudicata da apparire volgare, rifiutandoci di partecipare all’indecente mercatino delle prestazioni. 

Tenendo bene a mente che il MARKETING è verità detta bene (cit. David Oglivy) e senza perdere di vista la consapevolezza che l’unico strumento realmente autentico ed efficace fosse soltanto il passaparola. 

Ovvero pazienti contenti che parlano bene di noi alla loro cerchia di affetti. Si trattava quindi di trattarli con cura, amarli ed infine renderli evangelizzatori.

Ce lo aveva già insegnato quel gran genio di Bruce Springsteen, che nel 1975, durante un’intervista, dichiarò: nessuna pubblicità del mondo avrà mai lo stesso effetto di un ragazzo che dice ad un amico: “hei, avresti dovuto vederlo!”

In fondo la strada per noi era segnata: dovevamo fare bene, dovevamo fare meglio.

A distanza di quasi vent’anni dal nostro esordio nella professione, raccogliendo i frutti di questa esperienza che possiamo definire audace e sicuramente innovativa, abbiamo deciso di raccontarvela in tre libri (fra poco uscirà il quarto e ne abbiamo in cantiere un quinto sulla fotografia odontoiatrica).

Siamo orgogliosi di presentarveli:

Davide Letizia ed io ci conosciamo dai tempi dell’Università, quando ci siamo incontrati e abbiamo iniziato a camminare insieme nella professione. Da allora non ci siamo più lasciati e accanto all’attività clinica quotidiana, fatta di procedure e tecnicismi, abbiamo sempre cercato di coltivarne l’aspetto culturale, aggiornandoci con costanza e dedizione.

Parliamo di un periodo lungo più di vent’anni ormai, se consideriamo gli anni trascorsi all’Università. 

Durante questo cammino, non essendo figli d’arte, abbiamo dovuto necessariamente fare i conti con delle dinamiche professionali non strettamente pertinenti all’operatività clinica, ma ad essa collaterali. 

Insomma, il microcosmo dello studio odontoiatrico era per noi un universo del tutto nuovo e completamente da esplorare.

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